Il problema “immigrati” e l’Europa

vescovo
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Il problema “immigrati” e l’Europa

L’Unione Europea (UE) è cominciata per ragioni economiche e commerciali. Poi c’è stato un tempo in cui sembrava entrare in campo ‘la cultura europea’ come elemento coagulante. Ma per poco. Poi  è prevalsa l’idea di allontanarsi dalla matrice greca-romana-cristiana, trascurando o rifiutando quanto questa cultura ha prodotto di letteratura, di architettura, di pittura, di musica, di usi e costumi, di vita popolare, di pensiero filosofico e religioso e quant’altro: un quadro culturale che teneva la coesione sociale di molti popoli.

Rifiutate le proprie radici culturali a causa di movimenti e sentimenti, specialmente anticristiani, con la prospettiva di privilegiare comunque l’individuale (non il personale)  sul comunitario (non sul collettivo), l’unico scopo dell’Europa è rimasto il vantaggio economico, ma non quello comunitario, ma quello degli Stati, specie dei più forti. Tutte le strutture europee si sono sovrapposte a quelle nazionali, diventando un ulteriore costo per le popolazioni. E sono diventate strutture che hanno finito per diventare ancora un volta tutela dei ‘prodotti forti’, non sempre i migliori, contro i prodotti più deboli, spesso i migliori.

 

Ciò che contava era ed è l’opportunità di alcuni di trarre vantaggio, profittando del lavoro dei paesi dove minore è la tutela dei lavoratori e la qualità dei prodotti. Si era più disposti ad accogliere chi arrivava in Europa a lavorare a minor prezzo, cosa che permetteva di lucrare maggiormente. Bisognava e bisogna essere ‘competitivi’ nei prezzi.

Poco si è badato anche al rispetto dell’ambiente. Comunque non ci si è preoccupati di prendersi cura della conservazione del proprio patrimonio culturale, né di integrare i nuovi arrivati attraverso la comprensione della cultura che nei vari Paesi d’Europa incontravano. Cosicché la pluralità si è trasformata in contrapposizione e la diversità è divenuta disprezzo e intolleranza. La cosiddetta ‘intellighentia’ di turno si è data da fare per demolire la cultura propria sotto il pretesto dell’intercultura. E ora abbiamo come risultato la perdita delle radici e della forza unificante della ‘cultura europea’, il rivendicare la tutela degli interessi nazionali su quelli europei, la crisi di quella ‘moneta unica’ alla quale si era affidato il destino dell’’Unione europea. Ora si sta diffondendo la fobia dell’arrivo di immigrati che si vogliono fermare con muri e barriere, all’insegna dell’“ognuno si arrangi come può”! Neanche colui che papa Francesco chiama il ‘dio denaro’ può tutto, e non potrà salvare l’Europa. Forse bisognerà imboccare altre strade, ricuperare beni culturali fin troppo trascurati, contrastati e rifiutati,  comunque perduti! Non sarà il caso di riconoscere la pluralità delle ‘agenzie culturali’ nei loro diversi ambiti e favorire l’apporto di ciascuna piuttosto che cercare di escluderle?

+ Adriano Tessarollo

(da “Nuova Scintilla”, n. 17 dell’1/5/2016)