Tempo di tensioni, di guerre, di distruzioni, di morte

vescovo-adriano
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Tempo di tensioni, di guerre,  di distruzioni, di morte

Non passa giorno che non siamo bombardati da annunci di atti di violenza, di terrorismo, di guerra, di distruzione ambientale, di morte. C’è da restare indifferenti  o da perdere la speranza! Non mancano anche tanti tentativi, a diversi livelli, di iniziative per sensibilizzare alla giustizia e operare per la pace. Papa Francesco per la giornata mondiale della pace ci ha dato un motto: Vinci l’indifferenza e conquista la pace. La prima forma di indifferenza che egli ci invita a superare è quella verso Dio, che tanto peso ha anche sull’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. Ma l’uomo, o la maggioranza degli uomini hanno a cuore la sorte degli altri uomini? Li considerano fratelli? Su quale base o fondamento? Sembra che misura di tutto sia la libertà personale non più correlata alla libertà e al rispetto dell’altro, specie se più debole e più povero. L’io assoluto si erge a regola di tutto, il resto importa poco o nulla. Papa Francesco ci richiama il volto e il cuore di Dio: “Dio non è indifferente”. “A Dio importa dell’umanità”, come ha scritto nel messaggio per la giornata della pace.

E’ proprio l’indifferenza dell’uomo verso l’uomo che crea, provoca o tollera l’esclusione, la persecuzione, la violenza e la morte; quell’indifferenza che umilia, che quasi anestetizza dal soffrire per la sofferenza altrui, e che rende addirittura cinici nel godere della distruzione di tutto e di tutti. Man mano che tagliamo le relazioni verticali, cioè il nostro riferimento a Dio, si affievoliscono anche le relazioni umane. Trova sempre minore spazio quella responsabilità solidale che è alla radice della  fratellanza, e come il Caino biblico interpellato sulla sorte del fratello, ci viene da rispondere: “Che me ne importa di mio fratello!”. E’ la qualità delle relazioni interpersonali che manifesta il nostro essere “a immagine e somiglianza di Dio”. L’indifferenza all’amore di Dio, del prossimo e del creato costituisce la vera minaccia per la famiglia umana. In quanto credenti e cristiani poi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri. E ci rendiamo conto che questa meta ci sta sempre davanti, mai raggiunta pienamente. Questo essere continuamente in cammino verso quell’impegno significa ‘conversione’. Pregare per la nostra e altrui conversione significa riconoscere che abbiamo bisogno della ‘grazia di Dio’ cioè del suo aiuto benevolo per trasformare il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di aprirsi agli altri con autentica solidarietà, non come sentimento di vaga compassione per i mali di tante persone, ma come determinazione ferma e perseverante di impegnarci per il bene comune, bene di tutti e di ciascuno, a livello individuale e comunitario, a livello ecclesiale, istituzionale e ambientale. Questa è ‘vera religione’, cioè autentico rapporto con Colui al quale la nostra vita è legata e dal quale la nostra vita e salvezza dipende. Nel Giubileo della Misericordia intensifichiamo la preghiera e il lavoro perché ogni cristiano possa maturare un cuore umile e compassionevole, capace di testimoniare la misericordia, di «perdonare e di donare», di aprirsi “a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica”.

Solo così potremmo guardare con speranza al futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo.

+ Adriano Tessarollo