“Caparossolanti”,un mestiere per vivere

vescovo-adriano
Facebooktwitterpinterestmail

COMMENTANDO…

“Caparossolanti”, un mestiere per vivere

Passi di sera in bicicletta e vieni fermato… . “Tra poco verremo a mangiare da lei o a fare pulizia in chiesa per prendere qualcosa!” Ascolti, dici qualche cosa, lasci dire, incoraggi e saluti. Te ne vai pensoso, concentrato sui pensieri in tumulto come le onde della notte che quelle persone, più o meno giovani o avanti con gli anni, si preparano ad affrontare. “Che facciamo, padre, lavoro non ce n’è, dove andiamo a mangiare, chi mantiene i nostri figli! Cosa dobbiamo fare, spacciare droga? Chi si dà pensiero di noi? Rischiamo anche la vita quando siamo inseguiti dalle forze dell’ordine. Dobbiamo fuggire, altrimenti se ti prendono ti portano via tutto, barca compresa, e poi come facciamo a vivere noi e le nostre famiglie”. Sotto c’è quasi l’idea di svolgere un lavoro che non viene riconosciuto, anzi osteggiato e impedito. “Per i nostri caparosoli non è mai morto nessuno! Bisogna dire che, se va bene, qualcosa si rimedia, non possiamo lamentarci, ma ci sentiamo sempre a rischio e non siamo riconosciuti”. ‘Ma non avete una licenza’, insisto io. “Non ce la danno!”

Qualcuno aggiunge: “Avevamo insieme con altri gli orti, ma adesso col Mose è morto tutto! Alcuni amici o soci se ne sono andati altrove, lontano, perché qui è impossibile vivere”. ‘Buona serata e buon lavoro’… e parti. Volti ormai familiari, stivali calzati, barchette pronte a salpare. Un modo anche questo di crearsi un lavoro, anche redditizio, a loro dire rischioso per loro ma non per la salute di chi mangerà i prodotti di quella pesca, non miracolosa ma spesso abbondante. Sono qui a Chioggia da sette anni, e mi sembra di veder reiterato il gioco a “guardie e ladri” che giocavo da bambino. C’è chi deve sempre fuggire e chi sempre inseguire, secondo un ‘moto perpetuo’ che non avrà mai fine, perché gli uni e gli altri si perpetuano sempre. Mi sorge una domanda: tutto questo non può entrare in un ‘patto sociale’ concordato e regolamentato, o deve essere assolutamente stroncato e con quale alternativa per loro? Non saprei dare alcuna risposta, anche per mancanza di competenza, ma mi interrogo se l’unica via possibile oggi sia quella di continuare questo gioco, riconosciuto e accettato, con le sue fatiche, i suoi rischi e pericoli, ma anche con le gioie che i frutti di quelle fatiche possono arrecare, ogni volta che si può concludere dicendo: “anche stavolta scampato pericolo!”

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.37 – 09 ottobre 2016