I giovani, il sociale e la politica

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I giovani, il sociale e la politica

In clima di elezioni, mi ponevo in questi giorni la domanda come possano oggi i giovani essere introdotti alla vita politica e sociale e giungere ad assumere in essa un impegno attivo. Forse per la loro testa passerà la domanda se valga davvero la pena impegnarsi attivamente in politica. Ho addirittura l’impressione che l’opzione politica rimanga lontana dai loro pensieri e dalle loro possibilità, a meno che non abbiano qualcuno già dentro che possa tirare loro la volata per entrarvi. E personalmente mi interrogo anche se ci sia qualche giovane che si ponga la domanda se sia possibile impegnarsi in politica “da cristiani”. La risposta a queste domande, specie all’ultima, non dipende del tutto o principalmente da loro, perché essa è legata all’accoglienza e alla capacità che le persone e istituzioni sociali e politiche hanno di fare o almeno dare spazio ai giovani. Per non parlare della loro capacità e volontà di interessare i giovani e di offrire occasioni di formazione.

Temo che oggi i giovani abbiamo il senso che entrare nell’impegno politico significhi entrare in un mondo che si regola sull’arte degli equilibri e talvolta, o spesso, sia pieno di ambiguità o di tranelli e la politica si limiti a dare risposte di utilità per alcuni, di comodo per altri, di necessità per altri ancora e infine di urgenza per molti altri. Sembra mancare un assoluto valore capace di sostenere l’impegno nei momenti più difficili e di superare gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano. Fare politica oggi è visto come un risolvere problemi concreti nei diversi livelli particolari, locali, sociali, regionali, civili, nazionali e supernazionali, dove si è impegnati.

 

Ho l’impressione invece che manchi un orizzonte ampio della politica e manchi quindi il domandarsi davvero dove tenda l’azione politica, intesa come azione che tende a costruire l’unità di tutti gli uomini, nell’unità del genere umano: questo sarebbe l’ideale e il fine ultimo di ogni azione politica. Ma proprio nell’era della globalizzazione, anziché operare per l’unità, si ha l’impressione che operi per la divisione e frantumazione, anziché trovare unità e convergenza nel senso e nella dignità della persona e delle comunità, ci si divide nel proclamare diritto civile ogni singola pulsione o passione o pretesa dell’individuo (Pannella ha insegnato). Manca una ispirazione e una visione globale e universale dell’agire sociale e politico, che abbracci veramente l’umanità e non la divida. Né l’economia, né il rapporto tra gli stati, né i problemi di carattere industriale, né le nuove tecnologie, possono salvare l’umanità se essa non cresce e non si educa verso i comuni valori e il rispetto della persona, intesi come fine ultimo di ogni legittimità politica. Le nostre società civili oggi sono composte da molti gruppi e ogni Stato e tutti gli Stati dovrebbero riconoscerne il ruolo e rispettarne la libertà d’azione. Ogni persona, famiglia e gruppo hanno a loro volta qualcosa di originale da offrire alla comunità, che pure va rispettato senza negarne la libertà e l’iniziativa.

Sembra che i giovani vengano espropriati della loro educazione all’impegno di partecipare alla vita sociale, culturale e politica, proprio in questo tempo nel quale dovrebbe essere sempre maggiore la consapevolezza dell’interdipendenza tra gli individui e i popoli e ciascuna persona si dovrebbe sentire responsabilmente impegnata a realizzare il bene comune e a servire gli altri, con la disponibilità a donarsi per il bene del proprio prossimo. Se questo dovrebbe essere l’intento di ognuno impegnato nella politica, per il cristiano vi si aggiunge una ulteriore motivazione che fonda e caratterizza tale impegno: ogni uomo è non solo qualcuno che ha dei diritti, ma è immagine di Dio, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posto sotto l’azione continua dello Spirito Santo.

+ Adriano Tessarollo

 

(da “Nuova Scintilla”, n. 21 del 29 maggio 2016, p. 11)