Il Sinodo del 2018

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Il Sinodo del 2018 – I giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Tutta la Chiesa sarà chiamata, i giovani per primi, a interrogarsi in questo tempo sulla fede e sulle scelte che ciascuno è chiamato a fare di fronte alla chiamata del Signore. Questo significa discernimento vocazionale. Io vorrei condividere con voi e comunicarvi qualche ‘provocazione’ sulla fede.

Innanzitutto ritengo che “credere” significhi fare delle scelte radicali, talvolta trasgressive, che  permettono di uscire da quell’atteggiamento che inquadra in una vita ‘già vista’, già determinata dall’adulto e dalle strutture, e che quasi impedisce di dare spazio a desideri di libertà e di vita più autentica. E’ vero che il desiderio di ‘uscire’ può far nascere anche la paura di trovarsi senza sicurezze e senza protezioni, magari in balia delle proprie debolezze o delle ingenuità proprie di chi ha ancora una esperienza limitata della vita. Penso che anche Gesù, ormai trentenne, sia apparso ai più come un tipo “radicale e trasgressivo”, che parlava di Dio in maniera diversa dall’idea di Dio che avevano i più del suo tempo.

Addirittura egli si è trovato a fare e a proporre tante scelte controcorrente che per molta gente erano però come tante ‘boccate d’ossigeno’ in un ambiente sociale, religioso e politico’  soffocante, caratterizzato spesso da grandi egoismi personali e di gruppo, da indifferenza per i poveri, da mancanza generale di speranza. In quella società sia civile che religiosa era impossibile ‘sognare’, cioè dare spazio a libertà e intuizione. Solo qualche gruppo ‘messianico’ aveva il coraggio di alzare lo sguardo oltre le nebbie presenti e tentare di guardare più lontano. La vera prigionia non erano le carceri ma la rassegnazione di fronte alle avversità, alle difficoltà, all’adattamento. Sembravano sparite parole come speranza, vocazione, progetto. Tutto appiattito, tutto andava bene e politicamente e religiosamente corretto. Era importante razzolare come i polli, rispettare la legge del più forte, rassegnarsi all’evidenza, sopportare la delusione, adattarsi, badare a se stessi e ai propri affari. Gesù invece si è presentato trentenne con la forza dirompente del suo vangelo, con i sogni che aveva imparato fin da bambino quando sua madre gli raccontava una storia completamente diversa da quello che vedeva e che le cronache del tempo raccontavano. Chissà se non sarà stata proprio Maria a insegnargli a pregare quel Dio che “ha rovesciato i potenti dai troni, ha mandato a mani vuote i ricchi, ha zittito superbi, ha ricolmato gli affamati oltre ogni misura”. Forse da Lei ha imparato a predicare che ‘suo Padre” non era quello che credevano i più, che non era interessato ad accogliere sull’altare gli animali che venivano offerti, che si interessava molto di più di ciò che c’era nel cuore e nelle azioni degli uomini. Proprio in quel Dio ha investito tutta la sua vita, fino in fondo, fino all’ultima goccia di sangue.

Chissà cosa direbbe oggi dei nostri stili di vita, di tutte le cose che possediamo e che facciamo, senza trovare in esse la felicità e la pace duratura. Forse direbbe, o in qualche modo sta già dicendo: “Vieni e vedi”! Sperimenta qualcos’altro. Non aver paura di osare il diverso! Non correre dietro ai venditori di fumo, ambiziosi e desiderosi non di dare libertà, ma di legare al proprio carro quanti più servi possibile! Andate avanti voi un po’, cari giovani, col seguito di questo discorso. Ve lo auguro di cuore! Forse uscirà qualcosa di nuovo e di buono, forse si apriranno orizzonti mai pensati prima, orizzonti che piano piano vi sedurranno e vi coinvolgeranno. Anche a voi, buona pasqua.

+ Adriano Tessarollo

(nella foto: il vescovo Adriano  alla Festa diocesana della gioventù sabato 8 aprile a Porto Tolle)

Nuova Scintilla n.15 – 16 aprile 2017