Per una logica di amore

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Per una logica di amore

“Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti; conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo…”       (Es 3,7-8)

Queste due righe del libro dell’Esodo stanno all’origine di un lungo e faticoso cammino di liberazione del popolo d’Israele, dove si dice che Dio, per fare uscire il popolo dalla situazione di schiavitù, ha suscitato un liberatore, nella persona di Mosè. Questo Mosè però ha dovuto faticare a convincere sia il popolo a mettersi in cammino, come anche il faraone a lasciare partire gli Israeliti verso la libertà. Il faraone non voleva perdere il vantaggio che gli veniva da tutta quella massa di schiavi che lavoravano per lui, a cui garantiva comunque il cibo. Il popolo invece aveva paura di rischiare di perdere quello che almeno aveva. E così nulla sarebbe cambiato. Il faraone continuava a vivere nei suoi agi di corte con i suoi ‘sovrintendenti’ che tenevano a bada il popolo di schiavi, e caso mai accrescevano le richieste di prestazioni sempre più dure.

 

Cominciamo a sentire fibrillazioni politiche ulteriori, rispetto alla seconda edizione delle ‘larghe intese’, dopo le scissioni di Forza Italia e di Scelta Civica. Cosa ci possiamo aspettare? E cosa vorremmo aspettarci? La nostra situazione economico-sociale è diversificata: c’è una percentuale di gente che continua, tutto sommato, a stare bene, un’altra percentuale che continua a stare molto bene, ce n’è un’altra che non sta tanto bene, un’altra ancora che sta andando male, e un’altra infine che sta proprio male. Gli interessi dei singoli o dei gruppi sono la realtà più grande da salvaguardare e da difendere! E quando ci si chiude nei propri interessi (di casta, di categoria, di ceto sociale, di gruppo, di chiesuola), per cui esiste solo la propria categoria o il proprio punto di vista, non c’è più spazio per gli altri. È evidente allora che nascono tensioni, contraddizioni, violenze, guerriglie; quando ognuno o ogni gruppo è barricato su sé stesso, quando non c’è più cuore per una realtà più grande, e una persona o un gruppo vede soltanto il proprio io, e non si occupa del bene degli altri. La situazione così per i più deboli o poveri diventa sempre più disastrata, aggrovigliata e insolubile. I problemi si accumulano e le soluzioni diventano sempre più distanti e lontane. Mi pare, purtroppo, che questa sia la situazione del nostro tempo. Dico purtroppo, perché di fronte ai problemi che riscontriamo nella famiglia, nella scuola, nei posti di lavoro, nella società, viene da dubitare che ci sia veramente la volontà di risolverli. E intanto si aspetta da un anno all’altro che il tempo passi e sani tutto. Ma il tempo, da solo, non sana e non risolve. Il tempo, senza soluzioni, crea rassegnazione, esasperazione, depressione, scoraggiamento: quando sentiamo che tante parole sono solo vuote espressioni verbali, c’è veramente da deprimersi!

Il discorso da fare è un altro: non dormire sui nostri problemi e non rassegnarci che le situazioni restino immutate. Tutti, certo con responsabilità diverse a seconda dei vari livelli che occupiamo, siamo chiamati a sanare e a salvare questo nostro tempo, per viverlo in maniera più umana. È la logica che va cambiata: inutile fare, ogni anno o due, elezioni per continuare con i soliti che vanno dentro fuori dal governo, ma non dal giro vantaggioso della politica (o quando ne escono ne escono ben foraggiati vita natural durante); ci vuole chi parta dalla logica dell’amore e della giustizia: questa può diventare forza vivente di trasformazione! Dobbiamo metterci in movimento per seminare nella nostra storia presente i semi di libertà e di giustizia, per costruire un futuro nuovo e più umano, ribellandoci alle solite logiche individualistiche e di privilegio che i vari faraoni ci propinano. Anche aspettare o invocare un ‘salvatore’ che ci salvi in maniera magica non avrà alcun effetto, anzi, sarà un nuovo inganno; ne abbiamo avuto prove lontane e vicine. Ciò che ci salva può solo venire da tutti insieme, nella ritrovata unità di intenti. Democrazia non è contrapposizione di forze, di gruppi, di interessi, ma unione popolare per il bene di tutto il popolo, nella giustizia, nell’equità e nella solidarietà.

Come uomini e donne di fede, non solo a parole ma con i fatti, siamo chiamati ad accogliere Dio e il suo amore, viverlo e trasmetterlo a tutti, perché dall’interno di questa forza rigeneratrice potrà nascerà un cuore nuovo insieme ad una struttura rinnovata che possa offrire un futuro più umano per tutti. (+ vescovo Adriano)

 

 

 

Nella foto la messa di capodanno in cattedrale, foto Donaggio

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da NUOVA SCINTILLA 2 del 12 gennaio 2014