SPECIALE PASQUA – LE OMELIE DEL VESCOVO

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SPECIALE PASQUA – LE OMELIE DEL VESCOVO

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1. Omelia del vescovo Adriano alla Messa Crismale

“Il presbitero uomo e maestro di preghiera”. L’invito iniziale alla reciproca comprensione

Che credito diamo alle parole della fede?

2. Omelia del vescovo Adriano al pontificale di Pasqua in cattedrale

La corsa dei discepoli verso il sepolcro vuoto (Gv 20,1-9)

La corsa della fede

 

 

 

Omelia del vescovo Adriano alla Messa Crismale.

“Il presbitero uomo e maestro di preghiera”. L’invito iniziale alla reciproca comprensione

Che credito diamo alle parole della fede?

Carissimi confratelli nel sacerdozio, religiosi e religiose, e sorelle e fratelli laici qui presenti, giusto 4 anni fa, circa un paio d’ore più tardi, veniva comunicato alle Chiese di Vicenza e Chioggia l’incarico affidatomi del servizio di vescovo di questa Chiesa di Chioggia. La ricorrenza esatta di questa data in questo giovedì santo, mi dà l’occasione di rivivere da una parte i sentimenti di timore vissuti nell’accettare questa missione, suscitati per la consapevolezza dei limiti della mia persona, e dall’altra i sentimenti di fiducia nati dal pensiero che, come ci ricorda san Paolo in 1Ts 5,24: “Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo”. Due sentimenti che sempre permangono, a cui ora se ne aggiunge un terzo: quello di chiedere a voi la comprensione per quando non riusciamo insieme a creare le condizioni per una buona intesa e stima: per questo prendo, adattandola a me, la richiesta che san Paolo rivolgeva ai Corinzi: “Vi esorto a far prevalere nei miei riguardi la carità” (2Cor 2,8). Tengo presente anche un’altra espressione con cui Paolo definiva il ministero di apostolo nei confronti di quella stessa comunità di Corinto: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia”(2 Cor 1,24). Tutte e tre queste espressioni paoline ci auguriamo che sempre più caratterizzino i nostri rapporti e quelli di ciascuno di noi con le comunità a noi affidate. Ci può aiutare in questo il messaggio concreto che Papa Francesco sta mandando circa lo stile presbiterale che sottolinea maggiormente quello di Cristo ‘fatto uomo per noi e per la nostra salvezza, disceso dal cielo” più di quello del Cristo intronizzato e regale “seduto alla destra del Padre”. Come per dirci: ora viviamo ‘da servi del Signore e dei fratelli, poi saremo partecipi della sua gloria’.

Ma oggi volevo richiamare, in continuità con gli anni precedenti, un altro aspetto della vita e della missione del Ministero ordinato, nei suoi tre gradi: il presbitero uomo e maestro di preghiera. Considero per noi presbiteri questa celebrazione della messa Crismale, che ci vede tutti qui attorno all’altare, segno dell’unità di tutti i membri dell’Ordine Sacro, un vero momento di comunione sacramentale, sorgente di comunione nell’unica missione di edificare tutti insieme questa porzione di Chiesa che è la Chiesa di Chioggia, a noi affidata come pastori.

Nell’anno della fede che Papa Benedetto ci ha consegnato, noi presbiteri, e con noi le nostre comunità, siamo invitati a fare riferimento a Dio, nostra roccia, nostro rifugio e riparo, nostra luce e forza, nostro pastore e guida, nostro creatore, Padre, salvatore…. Espressioni come queste riempiono la Bibbia dal primo all’ultimo libro. Facciamoci allora una domanda che tocca il cuore della nostra fede: che credito diamo a queste espressioni tipiche delle fede cristiana? Se queste espressioni per noi sono vere allora significa che il rapporto con Dio è essenziale nella nostra vita e che senza il rapporto con Lui ci manca la relazione vitale fondamentale. La relazione con Dio si realizza nel parlare con Lui, nell’affidare a lui la nostra vita, il nostro essere e il nostro operare, i nostri progetti, le persone, ecc…. Questo rapporto avviene nella preghiera personale quotidiana e nella preghiera liturgico-sacramentale. Solo così questa relazione può crescere, può crescere in noi la presenza divina che orienta il nostro cammino, lo illumina e lo rende sicuro e sereno, anche in mezzo a difficoltà e pericoli. Se pure diciamo che la preghiera non è tutto, dobbiamo però dire, in nome della nostra fede, che tutto deve cominciare dalla preghiera, motivato nella preghiera e sostenuto dalla preghiera, cioè dalla nostra relazione con Lui, il Signore.

“Oggi, se ascoltate la sua voce, non indurite il cuore…”, dice il salmo 94. Oggi mi faccio presso di voi, confratelli, portavoce del Signore che ci chiede di rendere vera questa scelta per ciascuno di noi. Guardando le nostre comunità, spesso rileviamo la povertà della vita spirituale. Se per fede riconosciamo che il rinnovamento spirituale per tutti è dono che viene dall’Alto, da Dio e dallo Spirito, allora sarà la preghiera in unione a Cristo che ci aiuterà davvero a cambiare e a diventare ciò che il Signore attende da ciascuno di noi.

In questa celebrazione vorrei proporvi (cosa che farò anch’io) di vivere nel prossimo tempo pasquale, fino a Pentecoste, quel cammino che ha percorso Benedetto XVI dal 17 al 24 febbraio scorso, alla scuola dei salmi, come esperienza di preghiera. Noi preghiamo tutti i giorni con i salmi, ma potrebbe essere molto utile per noi entrare in maniera più profonda nel mondo dei salmi, perché quell’arido pane del deserto, come li ha definiti il monaco Thomas Merton, diventi nostro respiro, nostra invocazione, nostra lotta e manifestazione del nostro amore. Per questo ho ritenuto di offrirvi questo testo di 17 meditazioni. Su ciascuna di esse soffermiamoci qualche giorno nella nostra preghiera quotidiana, non con una lettura superficiale e affrettata, ma con una meditazione serena e pacata. Questa esperienza può diventare occasione di reiniziazione alla preghiera dei Salmi con l’aiuto di questo strumento, come seguendo un maestro di preghiera. Abbiamo bisogno di esercitarci a pregare, andando oltre il recitare le preghiere, esercitandoci a chiedere, a ringraziare, a dialogare, ad ascoltare, ad amare nella preghiera. Questo esercizio concreto può aiutare gradualmente a risanare la nostra preghiera, perché non sia fatta di parole vuote, e giunga ad avere la ricchezza e la profondità di un vero ascolto e dialogo del Padre che parla amorevolmente ai suoi figli e dare fondamento a quell’amore vissuto che poi dà anima alla nostra azione pastorale. Naturalmente il tutto è affidato alla buona volontà di ciascuno, applicandoci con serietà e costanza per crescere nella preghiera e diventare uomini di una preghiera personale e liturgica rinnovata e vitale che diventa un vero incontro con il Signore.

Certo che si richiede per questo una regola di preghiera, legata a determinati tempi e luoghi. Se vogliamo custodire una cosa preziosa, a cui teniamo particolarmente, dobbiamo metterla al sicuro. Vincolarci ad una regola ci aiuta a far sì che il nostro amore non sia in balia del nostro ‘sentire’ del momento, ma sia ancorata nella stabilità del nostro ‘volere’. Essa ci aiuta a rimanere fedeli all’impegno della preghiera. Nello stabilire la nostra regola di preghiera dobbiamo tenere conto delle condizioni necessarie perché la preghiera non finisca nel fallimento. La preghiera deve trovare ‘sempre’ la sua collocazione e non dover cercare ogni giorno il tempo da dedicarvi. La regola esige regolarità! Se si decide di pregare la mattina, bisogna andare a letto in tempo utile per poterlo fare… occorre moderare l’uso della televisione, di internet, delle distrazioni in genere. Non sia la pigrizia a parlare e a dire: ‘Non ho tempo’. Una volta può succedere di saltare l’appuntamento, ma non due di fila, perché subentra l’abitudine, la disaffezione, e riprendere il ritmo diventa poi difficile.

Mi piace pensare che in tutto questo tempo pasquale, sparsi ciascuno nelle nostre comunità, tutti ci impegniamo in questo percorso di rivitalizzazione della nostra preghiera, aiutati da questo strumento che ci è offerto. Percepiremo gradualmente che diventando uomini di preghiera autentica e fedele diventeremo anche maestri di preghiera e di fede nelle nostre comunità e forse vedremo rinascere insieme alla nostra vita spirituale anche quella delle nostre comunità. Ricordiamoci sempre quanto Lc 11,1 scrive: “Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: ‘Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. (+ Adriano vescovo)

(Foto Donaggio: in alto la Messa del Crisma; qui sotto la Lavanda dei piedi alla sera).

 

 

 

Omelia del vescovo Adriano al pontificale di Pasqua in cattedrale

La corsa dei discepoli verso il sepolcro vuoto (Gv 20,1-9)

La corsa della fede

“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.

L’evangelista Giovanni, nel raccontare la scoperta della tomba vuota il mattino della risurrezione, ci presenta tre personaggi:

– Maria di Magdala (Maddalena) si reca al sepolcro e trovatolo aperto e vuoto “corre” dai discepoli: lei dà questa spiegazione: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto. L’opera di Dio non è ancora compresa!

– Pietro e Giovanni, dice il racconto evangelico, uscirono insieme per recarsi al sepolcro. Il Vangelo di Giovanni cerca di restituirci i sentimenti dei due discepoli Pietro e Giovanni: innanzitutto si dice che essi escono, e pensiamo subito che uscirono di casa. Ma l’accento è posto sui sentimenti e sui pensieri: escono dai loro pensieri e dalla loro tristezza, sì allarmati per un furto dall’oscuro scopo di proseguire la persecuzione di Gesù e la cancellazione totale del suo ricordo, ma forse cominciano a risuonare nella loro mente e nei loro cuori le parole che Gesù aveva detto loro circa la sua risurrezione. Questi pensieri burrascosi e speranzosi insieme inconsciamente si traducono in Pietro e Giovanni in una corsa affannosa per vedere e capire cosa sia successo. Così, invece di camminare insieme, Giovanni distacca Pietro e arriva prima. E’ una corsa quindi carica di ansia, di preoccupazione e di aspettative: vorrebbero vedere e capire in fretta quel che sta succedendo. Eccoli finalmente giunti. Giovanni guarda da fuori, vede dapprima “i teli posati là”, ma non entra. Arriva poi Pietro, entrò, osservò “i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte”. Entra anche Giovanni, osserva le stesse cose: tutte le bende che avvolgevano il corpo di Gesù sono rimaste ordinatamente sul posto, quasi Gesù fosse sgusciato fuori. Chi ruba in fretta un morto non può lasciarle lì bene ordinate in quel modo! Ecco che i pensieri di morte e di tristezza lasciano il posto a ben altri pensieri, ecco il sorgere graduale della fede: “vide e credette”. Credette che cosa? L’evangelista aggiunge: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”. Ora che credono a quelle Scritture e poco dopo ne avranno la conferma quando il Risorto si manifesterà loro.

La corsa evidenzia la loro fede. E’ la corsa di chi ha mille certezze e dubbi, ma non rimane bloccato in quelle incertezze, dubbi e paure. Si lascia mettere in movimento, ‘in strada’, in ricerca, alla luce della Parola, vede, constata e crede.

– Riconosciamo anche noi nella nostra vita questo uscire, cercare, vedere, e alla luce delle Sacre Scrittura giungere al credere?

– Abbiamo anche noi la preoccupazione di comprendere un po’ di più quel Cristo che troppe volte riteniamo morto e sepolto, ma che noi confessiamo vivente e presente nella nostra vita?

– Accettiamo il rischio di sbilanciarci, uscendo dai nostri pensieri increduli per muoverci alla ricerca nel desiderio di allargare conoscenze, esperienze e confronti con la Parola di Dio per giungere alla fede? Chiediamo in questo giorno di Pasqua di non perdere lo slancio per correre verso il Cristo e la sua Verità, senza rallentare la corsa e fermarci alle sicurezze raggiunte. Anche noi, come Pietro e Giovanni, che contagiati dalla corsa della Maddalena si mettono a correre insieme, riprendiamo a correre alla ricerca di Gesù, e coinvolgiamo in questa corsa anche chi ci sta accanto e che magari è fermo e bloccato da problemi e da timori e che maggiormente ha bisogno di essere accompagnato sulla via della fede e della speranza.

A tutti l’augurio pasquale che la nostra corsa della fede ci conduca all’incontro con il Risorto.        (+ Adriano vescovo)

(Foto Donaggio: benedizione nel giorno di Pasqua e riti della Veglia)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 14 del 7 aprile 2013