Valore sociale della Misericordia

Adriano Tessarollo
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Valore sociale della Misericordia

L’esperienza del pluralismo culturale e religioso ci insegna che non basta fare professione di fede in Dio o nell’uomo, nella cultura o nella democrazia. Dobbiamo anche chiederci in quale Dio crediamo, quale progetto di uomo proponiamo, quale cultura promuoviamo e quale democrazia costruiamo. Dalla confusione non nasce niente di buono. Per noi cristiani cattolici due recenti iniziative ecclesiali attirano l’attenzione sulla Misericordia, quale attributo essenziale di Dio.

La prima è l’istituzione, nell’anno 2000, della domenica della “Divina Misericordia” voluta dal papa s. Giovanni Paolo II. La seconda è l’indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, voluto da papa Francesco. Leggevo nel mese di marzo scorso che il papa emerito Benedetto XVI in un’intervista rispondeva: «Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante».  Anche nell’Islam l’attributo fondamentale dato a Dio (Allah) è “il Compassionevole, il Misericordioso”.

Ma il punto cruciale è: “Ma chi si appella al Dio Misericordioso cosa impara dalla Divina Misericordia e come pratica quella Divina Misericordia?”. Il motto del Giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco è “Misericordiosi come il Padre”. Il motto vuole ricordarci che se da un lato ci consola e ci incoraggia l’annuncio che Dio è Padre Misericordioso che viene in nostro aiuto, che prova compassione delle nostre debolezze e anche dei nostri peccati, dall’altro ci chiede di comportarci in modo conforme alla sua misericordia, condividendo i suoi stessi sentimenti di compassione verso gli altri uomini. E chi non fa riferimento alla fede? E’ da augurarsi che anch’essi condividano una visione di uomo e di cultura che prestino attenzione all’uomo, alle sue sofferenze e miserie e alle tragedie provocate dall’orgoglio del dominare e dall’avidità del possedere.

E’ urgente una valutazione critica sull’attuale cultura supertecnologicizzata: promuove sentimenti di bontà, di giustizia, di equità, di appartenenza alla stessa famiglia umana o è finalizzata a produrre profitto per pochi e miseria o morte per molti? C’è davvero misericordia nella Chiesa, nelle nostre città, nella nostra società e nel mondo in cui viviamo? C’è misericordia se non vediamo o non ci interessiamo delle sofferenze e delle necessità dei nostri vicini, preoccupati più di accumulare che di condividere? C’è misericordia in chi, pur di accrescere potere e avere, predica divisioni, accende conflitti, lucra su armi di distruzione e di morte, provoca malattie e morte deturpando e inquinando l’ambiente?

Di quale umanità, solidarietà e democrazia parliamo se, mentre si accresce la povertà di molti, si concentrano sproporzionate ricchezze nelle mani di pochi che sono alla guida dei popoli o delle Istituzioni, di  sportivi, di banchieri, finanziari, attori o altri, strapagati e finanziati con soldi pubblici e tasse della gente comune, soldi che poi vengono nascosti nei paradisi fiscali? A quanti vengono riconosciuti privilegi e concessioni per ottenere in cambio qualche briciola che cade dalle loro laute mense? Penso anche ai capi dei paesi produttori di petrolio ai quali non importa nulla dei loro popoli che vivono nella miseria, che fuggono dai loro paesi, che muoiono nella disperata ricerca di una possibilità di vita, mentre loro vivono da nababbi, spadroneggiano in oriente e occidente, alimentano ideologie di violenza inaudita, di uccisioni barbare, motivate nel nome dello stesso e unico Dio Misericordioso verso tutti?

E’ la mancanza di misericordia il male o il peccato da combattere, il peccato da cui tutti dobbiamo essere non solo perdonati ma liberati e convertiti. Se ci sarà misericordia, insegnata e praticata con onestà, pur con diverse motivazioni, potranno essere contenute e vinte l’indifferenza che non si cura delle sofferenze altrui e la crudeltà che lucra sulla morte altrui. 

+ Adriano Tessarollo

(Dal settimanale diocesano “Nuova Scintilla” del 10 aprile 2016, p. 11)55