“Correzione fraterna” anche per i sacerdoti

Vescovo-Adriano-Tessarollo
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COMMENTANDO…

“Correzione fraterna” anche per i sacerdoti

Cara “Nuova Scintilla”, ho letto attentamente il “Commentando…” del nostro amato vescovo mons. Adriano Tessarollo col titolo “Sacerdoti: parliamone, ma con amore e verità” sul n. 3 del nostro settimanale diocesano del 21 gennaio 2018. Assunto che condivido appieno, ma… Premetto che non voglio giudicare nessuno, ma fare soltanto una constatazione… Se ci sono chiacchiere o critiche verso i sacerdoti, per il cui apostolato ho il massimo apprezzamento e rispetto, penso che comunque vadano esaminate… e valutate sotto tutti gli aspetti possibili, evitando che succeda l’irreparabile… Siamo tutti uomini… E, come tali, soggetti ad apprezzamento per il loro operato, ma anche soggetti a critiche, che dobbiamo evitare e soppesare per il valore che possono assumere. E, se necessario, cercare di migliorarci. Io da giovane volevo farmi frate, ma poi ho preferito sposarmi… Lascio a lei immaginare il perché… Penso che l’amore, anche quello sessuale, sia un dono divino, senza il quale non ci sarebbe l’umanità.

Tutto sta nel goderne nel rispetto dei doveri coniugali cristiani. Penso che non si è cristiani solo perché si va a messa, ci si confessa e si fa la comunione, ma perché ci si impegna ad esserlo tutti i santi giorni della nostra vita. In particolare nel nostro comportamento quotidiano, verso sé stessi e verso il nostro prossimo. Questo è quanto spetta all’uomo della strada, al laico e, in primis, al sacerdote o al religioso in genere. Faccio un esempio banale. Un sacerdote non può frequentare d’estate un locale pubblico in pantaloni corti e in maniche di camicia, con accanto la perpetua… suscitando l’ilarità e i commenti malevoli degli altri clienti… Non ritengo che ciò sia un peccato… ma un atteggiamento da evitare abbastanza comprensibile… Forse il nostro amato vescovo non può conoscere appieno il passato, la storia del clero cavarzerano, finito non sempre a torto sulla stampa… Per questo la gente talvolta, o spesso, è maliziosa… E le cronache si sprecano, come si può rilevare, quando c’entra il prete… Amo il sacrificio diuturno dei sacerdoti per vocazione di cui l’umanità presente ha tanto bisogno… Ma penso che è sempre meglio un buon marito esemplare che un sacerdote senza vocazione… Ripeto: siamo tutti uomini e dobbiamo assoggettarci, oltre che agli apprezzamenti, anche alle critiche, al chiacchiericcio malevolo, con la sopportazione e con la volontà di migliorare il nostro operato… Tenendo presente che il cristiano per suo natura è anche l’agnello sacrificale sulle orme del nostro Signore Gesù Cristo.

Forse mi sono dilungato troppo e mi scuso. Con cordialità.

Cavarzere, 27.1.2018

Rolando Ferrarese

Egregio sig. Rolando Ferrarese, ringrazio del suo scritto inviato a Nuova Scintilla. Sono ben contento di poter ulteriormente chiarire il senso del mio intervento da lei citato. Essendo chiamato in causa personalmente rispondo per dire come mi regolo personalmente su tale ‘materia’ e nei confronti delle ‘persone’. Tocco solo il punto principale della sua lettera. Quando mi vengono segnalate ‘chiacchere o altro’ cerco di raccogliere il più possibile le informazioni del caso con discrezione ma con verità, rimanendo disponibile ad incontrare ogni persona che ritenga di potermi offrire elementi utili alla ‘correzione fraterna’ o ad ogni provvedimento ritenuto necessario per il bene di tutte le parti in causa, riservandomi il tempo necessario di appurare quanto mi viene segnalato. Purtroppo talvolta capita che anziché offrire gli elementi utili alla verifica, viene pronunciato e divulgato l’atto di condanna della persona. Come ogni giudice, anche il vescovo deve avere degli elementi reali e concreti per intervenire con certezza e verità. Talvolta capita che non tutti ammettono finché non si esibiscono le prove. È anche vero che talvolta accade pure l’irreparabile. Purtroppo in questo caso l’intervento arriva certo in ritardo. Riguardo all’affermazione che è “meglio un buon laico che un cattivo sacerdote”, ci tengo a ricordare che non si sceglie il sacerdozio per essere migliori dei laici, ma per rispondere al mandato di Cristo, sentito come rivolto a se stessi: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi…”, con tutto ciò che questa risposta comporta e con il modo di viverla richiesto dalla Chiesa oggi. Farà quindi un servizio alla Chiesa tutta, compreso a chi sbaglia, chi si prende la briga di correggere il fratello, anche se si tratta di un laico che corregge un sacerdote. Se questa correzione non è accolta, è bene rivolgersi a un altro confratello sacerdote o al vescovo stesso, sempre con lo stesso scopo. Questo procedimento è più utile ed efficace che non diffondere chiacchiere generiche a chiunque, senza poi che ci sia l’intervento necessario da parte di chi ha l’autorità di farlo in tempi rapidi. Le osservazioni o correzioni possono riguardare tutti gli ambiti della vita personale o ecclesiale del sacerdote, qualora questa non sia conforme a quanto richiesto e rechi danno alle singole persone o all’intera comunità. Diverso è il caso di critiche che possono riguardare modalità e sensibilità diverse nell’esercizio, peraltro corretto, del ministero del prete. Concludo riferendo a questo proposito quanto leggiamo nel vangelo di Matteo (18,15-17): “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”. Tutto questo procedimento si chiama “correzione fraterna” e può riguardare anche il male fatto ad altri e non solo a se stessi, male del quale uno viene a conoscenza. Tocca alla comunità, cioè al vescovo o a chi ne condivide governo e responsabilità anche sui preti, intervenire comunque prontamente e in ultima istanza. Un cordiale saluto,

Vescovo Adriano

Nuova Scintilla n.7 – 18 febbraio 2018