Mi raccontava mio padre…

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Mi raccontava mio padre…

Mio padre era un “ragazzo del 99”, arruolato e spedito al ‘fronte’ sul Piave. Colpito dalla malaria e finito in ospedale militare da campo, steso a letto accanto a tanti altri feriti più o meno gravi. Chi moriva veniva rimosso solo dopo il passaggio del medico di turno che, passando alcune volte tra giorno e notte, ne constatava la morte avvenuta e ciò veniva segnalato ai barellieri girando il cartellino su cui era scritto il  nome del defunto. Gli è capitato una mattina di assistere al passaggio dei medici accanto al letto del suo vicino, che era in condizioni gravissime, e di sentire i medici dire tra di loro: “Qui ormai siamo alla fine, quando passeranno gli infermieri sarà certamente morto”. E così hanno girato il cartellino.

Venuti poi i barellieri, visto girato il cartellino, stavano provvedendo alla sua rimozione. Mio papà, pur preso dalle febbri malariche, è intervenuto dicendo: “Ma guardate che respira ancora!”. Gli fu risposto: “Stai zitto, vuoi saperne più dei medici tu?!”. Morale della favola? Ho l’impressione che anche oggi capiti che talvolta ci sia una distanza tra la realtà e il giudizio che ne danno coloro che sono deputati a legiferare su di essa.

Mi spiego con un esempio. Poniamo che Senato e Parlamento approvino in toto il disegno di legge Cirinnà. Poniamo anche il fatto che i costituzionalisti dicano che essa è conforme alla Costituzione. La conseguenza è che diventano legali determinati comportamenti. Forse questo cambia la realtà? Ecco a questo proposito alcune affermazioni  di Ernesto Galli Della Loggia, scritte nel “Corriere” di qualche settimana fa, che dovrebbero fare riflettere e interpellare le coscienze di tutti.

Egli scrive:  “…l’ ascesa del matrimonio gay nel cielo dei diritti… è solo il frutto della specifica evoluzione storica della nostra società, della sua progressiva secolarizzazione individualistica, e della conseguente volontà delle maggioranze parlamentari che in essa si formano. I principi non c’entrano… vengono invocati non solo perché si pensa in tal modo di conferire un crisma di inappellabilità alle richieste in questione, appiccicando agli oppositori la comoda etichetta di reazionari, di nemici della «libertà». Ma anche per aggirare, mettere da parte, le domande che nel nostro orizzonte culturale sembrano massimamente sconvenienti. Quelle nel merito: è bene che i bambini abbiano un padre e una madre o è indifferente? È preferibile una società in cui le identità sessuali siano quelle biologiche o invece una in cui siano le più varie, definite di volta in volta dai singoli?”.

Trovo personalmente tanto superficiale e comodo dare del ‘reazionario o retrogrado o medievale’ a chi insiste nel prendere in considerazione le ragioni del pensiero diverso da quello che si vuole gabbare per ‘progressista e aperto e moderno’, solo perché un governo o una maggioranza o anche una Costituzione lo riconosce.

Queste leggi giustificano legalmente dei comportamenti ma non danno loro fondamento, né reale, né etico.

Continua il Galli Della Loggia: “«Basta dunque la volontà di una maggioranza parlamentare, di una qualunque maggioranza parlamentare, per autorizzare una pratica sociale, per stabilire qualunque diritto, anche negli ambiti più cruciali riguardo il profilo storico-antropologico di una collettività?».  La risposta è sì: basta il volere di una maggioranza. Se domani, per esempio, qualcuno spalleggiato da un consenso popolare vasto, dotato di sufficienti appoggi nei media e di un certo prestigio culturale, proponesse l’ introduzione della clonazione umana, si può essere quasi certi che alla fine avrebbe successo. Verrebbe stabilito anche il diritto di ognuno alla clonazione: naturalmente in nome di quanto prescritto dalla «democrazia liberale»”.

Trovo interessante anche la riflessione sulla Costituzione. “Si obietta di solito che un limite all’arbitrio delle maggioranze però c’è, ed è la Costituzione. Personalmente avrei dei dubbi sull’efficacia di tale limite. Per un motivo soprattutto: la Costituzione vuol dire in realtà una Corte costituzionale chiamata ad interpretarla. Cioè dei giudici con loro idee, destinate inevitabilmente a cambiare anch’esse nel corso del tempo. Nella storia di tutte le Corti non si contano, infatti, i casi in cui il riconoscimento di un diritto (per esempio, quello di abortire) a lungo rifiutato è stato poi ammesso. Le Costituzioni insomma servono solo, nel caso migliore, a impedire che le maggioranze parlamentari violino i diritti esplicitamente menzionati nel loro testo. Ma solo questo. Molto difficilmente valgono a impedire che esse ne stabiliscano a loro piacimento di nuovi: ovviamente ogni volta con l’opportuna invocazione alla «democrazia», alla Costituzione, e alle sue formule necessariamente vaghe, come per l’appunto quella della «pari dignità sociale» scritta nella nostra Carta. In base alla quale, come si capisce, può essere sancita in pratica qualsiasi cosa: dal diritto alla genitorialità a quello, mettiamo, a un trattamento pensionistico eguale per tutti. Quando stabiliscono nuovi diritti, le suddette maggioranze lo fanno… perché ogni volta ciò gli sembra politicamente conveniente: vale a dire in grado di riscuotere il favore degli elettori, di fargli vincere le elezioni… Non mancando magari di ricordare che per loro natura le maggioranze sono condannate ad essere sempre, in un modo o nell’altro, le rappresentanti del pensiero comune e del conformismo sociale”.

Quello ‘Svegliati, Italia!’ gridato nelle piazze arcobaleno e ripetuto con tanta sicurezza in tante trasmissioni radio-televisive non credo sia sufficiente per indurre chi non pensa come loro a sentirsi addormentato o retrogrado: la coscienza rimane sveglia e non si lascia addormentare dai fumi della cosiddetta apertura o modernità!

La realtà del mondo e dell’uomo non si cambia attraverso una legge approvata da una qualche maggioranza!

+ Adriano Tessarollo